Studiando l’interazione tra l’ambiente e il DNA si è scoperto che diverse sostanze contenute negli alimenti possono agire sul genoma umano modulando l’espressione genica. Tanto per fare degli esempi, la vitamina A regola l’espressione genica del tessuto epiteliale promuovendo la differenziazione cellulare, la vitamina D regola l’espressione genica di almeno una cinquantina di geni, quale ad esempio la produzione di serotonina e pertanto un miglioramento dell’umore, alcuni acidi grassi attivano alcuni enzimi per la produzione di trigliceridi, etc.
I nutrienti interagiscono quotidianamente con i nostri geni. Il patrimonio genetico di ognuno di noi però è diverso, pertanto tutti i geni nel DNA di ogni singola persona possono essere presenti in forme diverse, ciò che noi professionisti del settore chiamiamo polimorfismi o SNPs. I polimorfismi genetici sono responsabili del fatto che ognuno di noi appare diverso da un altro (occhi di colore diverso ecc). Altri polimorfismi possono essere presenti in portatori sani di alcune malattie (fibrosi cistica- mutazione gene CFTR), una malattia che altera le secrezioni di molti organi (bronchi, polmoni, pancreas, ecc.). I figli potranno ereditare senza saperlo questa malattia trasmessa dai genitori. Altri polimorfismi possono non essere responsabili di malattie trasmesse ereditariamente, ma possono contribuire ad aumentare o ridurre il rischio di alcune di esse (cardiovascolari, tumorali, neurodegenerative). Un tipo di polimorfismo oggi considerato importante è legato al rischio di spina bifida o malformazione del tubo neurale (MTHFR C677T, oppure Metionina sintetasi reduttasi MS MTRR – A66G). La somministrazione in gravidanza di acido folico, in questi casi, aumenta la degradazione dell’omocisteina, responsabile della problematica.
Poiché le molecole contenute in alcuni alimenti possono interagire con i nostri geni e dato che i nostri geni sono diversi da quelli di altre persone, ne consegue che uno stesso alimento potrà produrre effetti diversi in ognuno di noi, a seconda del materiale genetico con cui interagisce. La disciplina che studia l’interazione tra alimento e geni si chiama NUTRIGENOMICA.
Questa scienza ci dice, che la dieta può compensare o accentuare gli effetti di un polimorfismo genetico potenzialmente pericoloso, di un rischio di malattia. Se ad esempio i miei geni mi predispongono ad avere un cancro al colon, la mia dieta potrà compensare questo svantaggio genetico e quindi diventare un fattore protettivo molto importante, oppure diventare un fattore di rischio, se al contrario, mangerò in modo sbagliato. Uno dei primi concetti di NUTRIGENOMICA ha fatto la sua comparsa negli anni ’80, grazie al contributo del dottor Peter J. D’Adamo (naturopata), il quale ha scoperto come molti alimenti possono produrre svariati effetti in soggetti diversi, a seconda del loro polimorfismo che determina il gruppo sanguigno (A, B, 0, AB). In sostanza, alcune proteine presenti in alcuni alimenti (lectine), interagirebbero con la superficie dei globuli rossi (in particolare con gli oligosaccaridi di superficie di ogni gruppo sanguigno), agglutinandoli, cioè creando massa e coagulando gli uni sugli altri. Più o meno quello che avviene se riceviamo il sangue trasfuso da un altro gruppo sanguigno non compatibile al nostro. In realtà, esistono diversi altri polimorfismi genetici per i quali è stata dimostrata una diversa interazione con i componenti alimentari, quindi oggi appare riduttivo concentrarsi solo sulla dieta dei gruppi sanguigni. Un esempio è riconducibile al ruolo di alcuni alimenti che promuovono l’epressione genica di alcuni enzimi detossificanti, riducendo così l’incidenza di diverse malattie tumorali e neurodegenerative. E’ il caso dei broccoli e alcuni suoi componenti (sulforafano). Un altro esempio è quello degli acidi grassi polinsaturi (omega 3), i quali inducono l’espressione genica che fabbrica un componente chiave, l’Apoproteina A1 delle lipoproteine HDL, importanti per la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Ancora una volta saranno i diversi geni nei diversi soggetti a beneficiare dell’apporto di omega 3. I soggetti più “deboli” o con una predisposizione maggiore ad alcune problematiche cardiovascolari potranno ottenere maggiori vantaggi con l’apporto di acidi grassi polinsaturi, altri soggetti “forti” non risentiranno affatto della dieta arricchita di omega 3, in quanto meno predisposti ad una carenza di HDL. Esistono infine tantissime altre situazioni legate sempre a diversi polimorfismi legati all’enzima ACE (Angiotensin Converting Enzyme), responsabile dell’ipertensione o nefropatia diabetica. In questi casi l’assunzione di sale dovrebbe essere ridotta per i rischi descritti precedentemente. Un ulteriore esempio è rappresentato dal polimorfismo NO (ossido nitrico), importante vasodilatatore. I soggetti portatori beneficeranno di alcuni nutrienti (barbabietole rosse, polifenoli del cioccolato fondente, ecc.) per la produzione di ossido nitrico e la prevenzione del danno endoteliale. Non possiamo infine tralasciare le variabili genetiche legate al gusto. Solo per citarne alcuni, il TAS1R3 legato al saccarosio (minore sensibilità al dolce), responsabile di un maggiore consumo di questi ultimi in quanto poco “avvertiti” nella nostra alimentazione, o il TRPV1 legato al salato, che predispone ad un maggiore consumo di cloruro di sodio in quanto poco “sentito” al palato. In questo caso le raccomandazioni di ridurre alcuni alimenti dolci o il sale da cucina saranno riduttive, in quanto questi individui avranno difficoltà ad avvertire il fatto che un cibo possa essere molto dolce o soprattutto salato. Quindi, ripetendo ancora una volta il concetto espresso precedentemente, non sempre alcune “regole” nutrizionali hanno lo stesso peso per tutti, in quanto siamo tutti geneticamente diversi. I suggerimenti nutrizionali futuri saranno maggiormente personalizzati, sempre più soggettivi e preventivi. Il campo della NUTRIGENOMICA è ancora in fase iniziale, c’è ancora tanto da scoprire, ma rappresenta sicuramente una branca molto promettente ed interessante per ottenere ciò che da sempre ci auspichiamo: FA’ CHE IL CIBO SIA LA TUA MEDICINA E CHE LA MEDICINA SIA IL TUO CIBO, non in maniera indiscriminata bensì mirata e ad personam.
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